Ernesto Walker

Ernesto Walker

Agujeros negros y pequeños universos

10 agosto – 2 ottobre 2022

La notte di san Lorenzo sarà l’occasione per presentare “Agujeros negros y pequeños universos” dell’artista messicano Ernesto Walker, una insolita opera che si articola in dodici video, realizzati attraverso il disegno generativo.

Si tratta di un complesso progetto artistico che parte dal breve saggio dell’astrofisico Stephen W. Hawking dal titolo “Buchi neri e universi neonati”. Si vedranno scaturire dal testo dei veri e propri sistemi di pianeti, relativamente autonomi, derivati dalle relazioni linguistiche delle singole pagine. Come se i temi trattati nel saggio prendessero vita, acquisendo delle dinamiche proprie e indipendenti.

Non solo in questo caso ma di frequente arte e scienza si combinano nel processo creativo di Ernesto Walker e la tecnologia ha un ruolo spesso centrale nella sua ricerca, anche se mai sfocia in un entusiasmo acritico.

Nei suoi lavori utilizza vari mezzi, materiali e tecniche, favorendo le interazioni tra discipline differenti. «Una caratteristica del mio lavoro è indagare il caso e l’astrazione, come strumenti per codificare e interpretare la realtà che ci circonda, sono alla ricerca di collegamenti tra ciò che è accidentale, casuale e ciò che invece diventa significativo».

Questa a Chiusi è la sua prima mostra personale in Italia ed è accompagnata da un testo critico di Maurizio Coccia.

Ernesto Walker - Agujeros negros y pequeños universos

Ernesto Walker

Ernesto Walker vive a Monterrey. Si è formato nell’area delle scienze sociali, con una laurea in Relazioni internazionali. Dal 2011, è professore alla School of Art, Architecture and Design of the Tec di Monterrey. Dal 2019 è direttore dell’“Art, Science and Technology Lab” nell’“Arte AC Institute and Tec” di Monterrey”.

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Maurizio Coccia, Surrealismo cosmico

1. La storia dell’arte, in estrema sintesi, si fonda sul binomio “parola e immagine”. Cos’altro è, infatti, quella disciplina, se non la traduzione verbale di un fatto visivo? Andiamo oltre questa domanda retorica. Indirizziamoci verso un orizzonte critico più sofisticato. Se usciamo dallo schematismo “testo/immagine”, infatti, ci imbattiamo in una casistica particolarmente stimolante. Notiamo che il dualismo dal quale siamo partiti segnala uno spettro molto vasto di relazioni tra campi diversi del sapere: storia, letteratura, linguistica e psicologia della forma. Detto altrimenti, si tratta della polarità essenziale tra “rappresentazione” e “presentazione”. Qui tutto ruota intorno alla tendenza verso la simbolizzazione – tipica dell’esperienza umana – che, con Michel Foucault, ci porta a distinguere il “visibile” dal “dicibile”.
C’è anche un altro aspetto determinate. Ciò che stiamo leggendo su questa pagina, oltre che espressione di un costrutto intellettuale, è un segno grafico in sé portatore di senso, un’esperienza ottica e percettiva autonoma. Come nella nota affermazione di Marshall McLuhan, il “medium è il messaggio” perché la comunicazione non è mai neutra e il modo in cui trasmettiamo un’informazione ne influenza la ricezione, ben oltre il suo contenuto letterale.

2. La struttura di un messaggio, ovviamente, risente anche di condizionamenti contestuali – sociali, politici, economici e più propriamente linguistici. La ricerca artistica di Ernesto Walker, ospitata nella mostra di Spazio Ulisse a Chiusi, mi porta a riflettere proprio sulla natura eterogenea di tali codificazioni esogene1. Infatti, esemplare per stratificazione culturale e ricchezza di riferimenti, la sua proposta evidenzia tre elementi che vorrei sottolineare: 1) la tenace ambizione dell’artista-demiurgo che, verificata ripetutamente l’impossibilità di ricondurre all’ordine il caos cosmico, ne tenta almeno un’accettabile catalogazione; 2) un esame delle distorsioni sociolinguistiche che investono la comunicazione, condotto dall’interno
stesso del dispositivo mediatico; e, infine, 3) un’aggiornata e originale parafrasi delle avanguardie storiche, non solo in prospettiva estetica, ma rivolta
all’Ethos, all’atteggiamento nei confronti dell’arte quale connotazione di una più generale esperienza di vita.

3. Il referente storicistico più immediato della cartografia cinetica generata dai disegni di Ernesto Walker, mi riporta eco dal Costruttivismo e dal Neoplasticismo: l’accurato formalismo, la sobria precisione rappresentativa, l’astrazione come strumento di analisi dei legami tra contingenza e progetto, senso e significato. L’artista messicano sembra guardare con interesse scientifico ai principi del Modernismo, nel momento i cui, cioè, la fiducia positivista nel progresso si scontrò brutalmente con l’orrore della guerra mondiale, e il fallimento della civiltà produsse gli anticorpi culturali confluiti nei movimenti di inizio XX secolo. Considerando l’afflato sperimentale che agitava quei gruppi ostinatamente sovversivi, non sorprende il loro entusiasmo verso i nuovi linguaggi espressivi, a cominciare dal cinema. Un cinema non narrativo, ovviamente. Che parte dell’esame stringente del mezzo e della tecnica per articolare lo spazio visivo in una forma dinamica di contro la staticità delle tecniche tradizionali. Ricordiamo, per
esempio, Rhythmus 21 e 23 (1921 e 1923) di Hans Richter, notevoli per l’invenzione visiva e gli esperimenti di composizione tra forme e oggetti in movimento. Ed è proprio l’alternarsi ipnotico dei fenomeni luministici e il gioco gestaltico delle proporzioni variabili, che mi rimandano ai video di Ernesto Walker. Il quale, tuttavia, inserisce un ulteriore elemento perturbare, che è il testo.
Abbiamo esordito parlando del legame tra parola e immagine. Di là da ogni speculazione semiotica, però, resta l’assunto indiscutibile (ontologico) che decreta, in ambito artistico, l’impossibilità di un’esperienza che sia puramente visibile. Le parole che orbitano nei video di Walker realizzano una cosmologia autoreferenziale e transdisciplinare. Il silenzio ipnotico di cerchi e spirali è il meccanismo artistico che frammenta la forma attraverso la parola generatrice. Il testo, in questo caso, è più di un’ispirazione iconografica o di un referente filosofico, esso si afferma come presenza “fisica” e non solo semantica: è un vero e proprio ready-made, ma di carattere discorsivo e non oggettuale.

4. In un gioco di specchi pseudo-freudiano, l’effetto Insight dei video di Ernesto Walker mi ha fatto tornare al padre dell’arte contemporanea, il Marcel Duchamp di Anémic Cinéma (1926).
Questo breve e inclassificabile filmato sperimentale, porta a compimento l’assimilazione simbiotica di Dada e Surrealismo: labirintico, enigmatico, irridente di ogni aspirazione interpretativa. Onirico e totalmente non narrativo, però, Anémic Cinéma non credo sia da annoverare tra i precedenti di Agujeros negros y pequenos universos, l’astrale opera video di Walker.
Non è più il tempo di riconoscere filiazioni o eredità artistiche. L’arte è il frutto di una catena di relazioni senza soluzione di continuità. Innanzitutto tra soggetto (l’artista) e l’oggetto (l’opera). Ma non solo. Coinvolge la cultura del tempo, la politica, l’economia, la collettività ma anche il sentimento individuale. L’umanità posta di fronte alla solitudine siderale dell’universo. Il micro e il macrocosmo.
Ernesto Walker – compagno di strada a metà fra Virgilio Faust, ma in versione digitale – ci introduce alla sua coinvolgente ricerca di identificazione cosmica invitandoci ad accogliere l’inatteso, l’imprevisto, il Caos, nei nostri piani.
Perché l’arte, in definitiva, non è che un’azione che si compie nel mondo, mette in scena il precario equilibrio di forze contrastanti, incarna il bilanciamento sempre mutevole di possibilità e desiderio.

 


1 È importante sapere che il lavoro in mostra trova origine in un breve saggio di Stephen Hawking (Black Holes and Baby Universes, 1993). Le oggettive difficoltà comunicative del noto divulgatore, infatti, rendono icasticamente il senso delle limitazioni e dei condizionamenti di cui – anche – parla l’opera di Ernesto Walker.